Guerra siriana, guerra mediatica

La prima cosa che viene persa in una guerra è la verità; questa affermazione è ancora più veritiera se guardiamo la recente guerra civile in Siria.

Molteplici forze sono presenti sul campo, ed ognuna cerca di far apparire la propria visione dei fatti come quella assoluta. La manipolazione, a scopo propagandistico, delle notizie è una continuazione della guerra in altre forme, non cruenti ma altrettanto utili. Se dispongo di abbastanza forza per cambiare la percezione di realtà potrò modificare l’influenza, e quindi il sostegno esterno ed interno a mio favore.

I media, cercano quasi sempre di semplificare le notizie, trovando in una guerra i buoni da una parte ed i cattivi dall’altra; purtroppo quasi mai la situazione è così nitida ed esistono sempre punti oscuri. Questo è vero se guardiamo ad una guerra, è ancora più vero se osserviamo una guerra civile, è amplificato quando gli interessi in campo sono maggiori.

La carneficina di Homs è la prova di questa dissimulazione, i duecento cadaveri non hanno ancora trovato un mandante certo; sui media occidentali si è parlato di soldati di Bashar al Assad che hanno compiuto una ritorsione sui civili della città ribelle, ma altri indizi ci portano ad imputare quella parte di milizie più integraliste.

Sì perché anche la composizione delle forze in campo non è troppo chiara. Nel paese mediorientale troviamo una miriade di forze: la fazione dei ribelli, è composta sia da cittadini siriani che cercano la libertà, sia da siriani che vogliono la caduta del regime per crearne uno più integralista; in contrapposizione troviamo un esercito regolare ben equipaggiato ed addestrato, che anche con qualche defezione ha comunque la superiorità militare. Oltre queste fazioni, troviamo agenti segreti stranieri che supportano il governo di Damasco, sono altresì presenti jihadisti provenienti da tutta la regione mischiati nel fronte rivoluzionario.

Iniziata, venti mesi fa nell’ambito della primavera araba, come una manifestazione per chiedere una maggiore trasparenza e libertà, dopo il rapimento e tortura di alcuni bambini da parte dei reparti di sicurezza interna, questa rivolta si è trasformata in guerra civile, con ramificazioni internazionali sempre maggiori.

Ormai gli interessi internazionali in campo, sono maggiori della stessa posta in gioco sullo scacchiere interno. Come già detto, è ormai accertata la presenza fisica sul territorio di agenti segreti delle potenze occidentali in supporto dei gruppi rivoltosi, sono presenti anche inviati dell’alleato iraniano in aiuto del governo di Damasco.

Aiuti finanziari e logistici, vengono profusi dalle potenze occidentali, insieme al duetto Arabia Saudita e Qatar, e Turchia vecchio alleato che adesso è uno degli stati più favorevoli al cambiamento di regime.

La possibile pacificazione tra le forze attualmente in campo è improponibile, molte le tregue non rispettate, molti gli avvicendamenti per tentare una mediazione, prima dell’ex segretario delle nazioni unite Kofi Annan e recentemente dell’inviato Lakhdar Brahimi. Tutte e due le missioni si sono concluse con un documento accettato dalle parti in gioco, propositi a cui però non sono mai seguiti fatti.

Il presidente in carica, si sente accerchiato da un complotto internazionale e possiede ancora tutta la supremazia militare per poter resistere. I suoi detrattori, non vedono il regime attuale come un possibile interlocutore, in più, anche se dovessero avere una supremazia numerica, non avranno mai quella militare, per cui la partita rimane di stallo.

Dopo lo stop durante le elezioni americane, forse adesso è giunto un periodo più propizio per cercare una risoluzione finale al problema; anche se una nuova (ma vecchia) crisi si è affacciata nell’agenda mediorientale, la questione israelo-palestinese, con il mirino sempre puntato sulla Repubblica Islamica dell’Iran.

pbacco