Altro che i Mario, i Giorgio ci salveranno

Quest’estate ci fu un simpatico siparietto, concomitante con gli europei di calcio, in cui il trio Mario, Monti al governo, Draghi alla BCE e Balotelli nella nazionale di calcio, veniva detto che avrebbero salvato l’Italia. Qualcuno, in tono scherzoso, si è azzardato ad aggiungere un altro Mario, il famoso Super Mario Bross, il protagonista (dai lineamenti italiani) di uno dei videogiochi più famosi al mondo. Devo ammettere che ad un certo punto avrei voluto scrivere anch’io di questa strana coincidenza, ma ancora più strana è quella che si è avverata ora.

Con l’elezione al soglio pontificio di Jorge Mario Bergolio, si è entrati in un’altra era; l’unione tra Mario e Giorgio, e qui si può azzardare, come da titol, che saranno i Giorgio a salvarci. Evidentemente l’altro nome famoso è riferito al presidente della Repubblica Napolitano, Senza il suo importante settennato, con la sua statura istituzionale, le doti di mediazione, non oso pensare a che punto saremmo arrivati.

Due uomini culturalmente diversi, ma con caratteristiche simili. Uno è al completamento del suo mandato, l’altro è all’inizio del pontificato, tutti e due sono alle prese con una crisi a cui sono chiamati di dare una soluzione. Fedeltà alle istituzioni presiedute, integrità morale e semplicità nello svolgere le funzioni affidatogli, sono un tratto comune.

Il nuovo papa è figlio di piemontesi emigrati in Argentina, l’ex cardinale di Buenos Aires è una perfetta unione della cultura europea e del dinamismo del continente sud americano, il più cattolico tra i continenti, uno dei luoghi economici emergenti, una chiesa giovane ed entusiasmante.

Non è il primo papa non europeo, essendoci stati successori di Pietro provenienti dal vicino oriente e dall’Africa; è certamente il primo Santo Padre sud americano, il primo gesuita nominato vescovo di Roma, il primo pontefice a prendere il nome Francesco.

Ecco, se il nome del pontefice può aiutare a scoprirne l’orientamento politico/religioso, tal nome non può essere più impegnativo. San Francesco figlio di mercanti ad Assisi, e fondatore di uno dei più importanti ordini monastici nella storia della chiesa, è il simbolo dell’umiltà ed aiuto ai poveri, fulgido segno di mediazione intra-religiosa (basta ricordare il suo viaggio verso il sultanato). Un cammino pastorale incentrato sui valori dell’umiltà, del dialogo, della dignità della persona e del senso di comunità e di fratellanza.

Insomma ritorno ad una chiesa più vicina alla società ed ai fedeli, in questo sono di testimonianza le parole dopo l’elezione: Il vescovo e i fedeli, non più il papa che comanda dall’alto ma una unione fraterna; pregate per me, e non più solo la benedizione unidirezionale, ma un’unione nella stessa chiesa.

Alcuni storici affermano che, con la sua regola e testimonianza di vita, San Francesco abbia salvato la chiesa durante uno dei periodi difficili; ora papa Francesco I ha lo stesso compito, la riforma e reindirizzo per riaffermare la forza propulsiva della chiesa di Roma.

Oltre i soliti problemi, già citati, ritengo che bisognerebbe modificare la prassi che vede la Chiesa che non ha mai fretta, e giudica secondo i tempi delle lunghe durate. Questo metodo è stato alla base delle azioni attuate fino ad oggi; in effetti cercare l’azione momentanea a discapito del lungo periodo può recare alcuni danni permanenti, questo però non deve mascherare il cambiamento del tempo contemporaneo, in cui tutto è più veloce e la staticità può causare egualmente danni.

Se i Mario ci hanno messo sulla giusta strada, di certo non ci hanno portato alla vittoria; infatti siamo solo vice campioni europei, mentre la crisi economica di certo non è migliorata.

Non ci resta che sperare nei Giorgio.

pbacco

Africa 2013

Eccoci giunti nel nuovo anno, con nuovi propositi ed aspettative migliori, soprattutto per l’economia sono attesi in Europa ed America; ma quali sfide si appresta ad affrontare il continente Africano in questi dodici mesi?

Sul piano economico ci sono aspettative di crescita, in generale si osserva un miglioramento della ricchezza del continente, un aumento della classe media, il sorgere di nuove frontiere economiche, sviluppo di nuove attività. Purtroppo come spesso accade, questi miglioramenti sono a godimento di una ristretta minoranza di persone, ma è pur sempre un miglioramento. Nella classifica previsionale su base mondiale, dei paesi che in quest’anno vedranno un aumento significativo del PIL, troviamo anche paesi africani, tra i quali Mozambico e Libia. Queste due nazioni seppur diversi per storia e cultura hanno aspetti comuni; usciti da una guerra civile (seppur in anni diversi) stanno lentamente ricreando la loro economia, sopportati anche da importanti risorse energetiche.

Se guardiamo invece all’aspetto politico ed ai conflitti, osserviamo che la nuova annata trova in dote i soliti punti critici che accompagnano il continente da decenni, con l’aggiunta di nuove crisi o sarebbe meglio dire di rinnovato pericolo.

Somalia

Ormai in preda da una guerra che dura da vent’anni, acuita negli ultimi sette anni, questo paese ormai diviso, vede il conflitto tra il debole governo centrale e le milizie al-Shabaab. Nell’ultimo anno però, grazie anche all’intervento militare keniota (oltre a quello ugandese), importanti roccaforti (vedi il porto di Kisimaio) sono ritornati sotto il controllo governativo; le milizie fondamentaliste sembrano per ora in ritirata, ma questo non implica la loro definitiva sconfitta.

Nigeria

In continua espansione, sono le azioni terroristiche del gruppo fondamentalista Boko Haram, che nel nord del paese cerca di creare uno stato islamico con alla base la sharia come legge fondamentale. Sembra placarsi invece la questione inerente al delta del Niger, dove è stato raggiunto una sorta di pace tra governo ed MEND.

Repubblica Democratica del Congo

Si è acuita la situazione nelle province orientali dello stato (Nord e Sud Kivu). Seppur in ritirata da Goma, ora sotto controllo misto MONUSCO-militari congolesi-M23, il processo di pace instaurato tra M23 e governo non ha portato ancora ad una soluzione.

Mali

La situazione è ancora altamente confusionaria, tra pochi giorni dovrebbe iniziare una trattativa tra gruppi separatisti e governo presso la capitale del Burkina Faso.

Milizie AZAWAD si sono scontrate con le milizie islamiche, e con le milizie locali di autoprotezione. Sul piano politico il nuovo governo cerca una mediazione, avendo alle spalle il capitano Sanogo, che ha fatto destituire il precedente primo ministro.

La risoluzione ONU ha autorizzato una missione di pace per portare un aiuto militare all’esercito maliano, sono ancora da definire i contingenti e i rapporti con il governo centrale, non del tutto incline ad ospitare forze straniere.

Repubblica Centroafricana

Di recente inizio una ribellione Seleka (alleanza) contro Boizize, criticato per non aver rispettato gli accordi di pace precedentemente sottoscritti. Le milizie Seleka sono arrivate fino ad una 50 di Km da Bangui, per poi arrestarsi anche per via del rafforzamento governativo attraverso truppe ciadiane. Le recenti aperture del presidente ai negoziati verso i rivoltosi, però non hanno portato ancora ad una soluzione del conflitto.

Guinea Bissau

In preda ad elevata instabilità politica, con frequenti colpi di stato, la ex colonia portoghese si può definire un narco-stato. Sfruttato, come base di appoggio dai contrabbandieri che percorrono la rotta America- Europa, visto la poca e debole presenza statale.

Costa d’Avorio

Lentamente il paese è uscito dalla guerra civile combattuta, ma non riesce ancora a trovare una pace effettiva, l’opposizione (ex fedeli Gbagbo) non riconosce ancora l’autorità politica del presidente eletto Ouattara.

Sudan-Sud Sudan

In pace precaria, seppur con qualche scaramuccia militare e varie ritorsioni economiche, emergono sempre più limpidamente i limiti riscontrati al momento della proclamazione di indipendenza; uno stato ancora volatile, corruzione, confini non definiti, problemi con l’ex capitale.

Kenya

In marzo si terranno le elezioni per scegliere il prossimo presidente della repubblica, dopo i fatti conseguenti le precedenti elezioni del 2007. Gli occhi sono puntati su questo paese, che precedentemente era visto come uno dei migliori esempi di democrazia, purtroppo ora ha mostrato tutte le sue più complicate viscere, con un elevato grado di contrasto etnico ed una disparità economica sempre maggiore.

Zimbabwe

Anche nell’ex colonia britannica, si terranno le elezioni presidenziali in marzo; il padre padrone Mugabe sfida l’arci nemico Tsvangirai, sperando di non assistere agli avvenimenti delle precedenti elezioni, con uno stallo dovuto al non riconoscimento reciproco tra gli sfidanti e l’accusa di brogli.

Nordafrica

Ancora scosso dai fremiti delle primavere arabe, i paesi del maghreb, sono ancora lontani dal trovare una soluzione stabile.

pbacco

Africa est-ovest

La situazione politica africana sembra in preda ad un tumulto, scossa da una crisi che attraversa tutto il continente da est-ovest.

Nel corno d’Africa, continua la guerra civile in Somalia, la situazione che si è venuta a creare però è cambiata da novembre. Da quel periodo truppe dell’esercito kenyota sono penetrate in territorio somalo per raggiungere la città portuale di Kisimaio, una delle più importanti città del paese, nonché uno dei centri della pirateria. A quest’azione è seguita la parallela invasione di truppe regolari etiopiche, volto a creare una tenaglia contro gli integralisti Al Shabaab. Tutte queste operazioni sono state concordate con il governo transitorio, nonché appoggiate da Washington, Londra e Parigi che hanno fornito strumenti di intelligence e supporto logistico, lasciando il lavoro sul campo ai militari africani.

Di pochi giorni fa, l’acuirsi delle diatribe tra Etiopia ed Eritrea. Addis Abeba, ha effettuato operazioni militari oltre il confine (che ancora è provvisorio dopo la fine della guerra nel 2000) assaltando alcuni villaggi eritrei considerati covi di terroristi; Asmara ha protestato ufficialmente presso l’ONU, dimostrandosi però renitente ad una ritorsione militare.

Nella parte ovest, c’è da sottolineare la crisi politica apertasi in Senegal, prima del voto per eleggere il presidente della repubblica; tra ricorsi, accuse di brogli, violenze, quella che era considerato uno dei pochi esempi di democrazia reale in Africa è svanito velocemente. Per fortuna la situazione è migliorata, in attesa del prossimo secondo turno di ballottaggi.

Crisi politica anche in Guinea Bissau, dopo il colpo di stato dell’anno scorso, ora accuse di brogli inficiano il voto svoltosi a febbraio, in attesa anche in questo paese del ballottaggio.

Altra crisi recente è il Mali, nella notte tra ieri ed oggi un colpo di stato ha paralizzato il paese; esteso il coprifuoco, chiuse le frontiere, sono cessate di funzionare le istituzioni. Non si conosce ancora dove sia finito il presidente deposto ATT, mentre il palazzo presidenziale è stato dato alle fiamme. Da Bamako è da tempo che giungono notizie di ribellioni nel nord del paese dove tribù Tuareg sono in lotta contro il governo centrale; alla grande massa di persone già fuggita, nei paesi limitrofi, per via degli scontri al nord, si unisce un’altra massa di popolazione che fugge per questi ultimi disordini.

Altro tema spinoso giunto alle cronache nostrane è la situazione esplosiva nella federazione nigeriana. Al nord operano gli integralisti Boko Haram, che hanno l’intento di islamizzare tu la Nigeria; al sud nel delta del Niger il MEND, per l’emancipazione appunto di quelle aree contro le multinazionali petrolifere. Insomma una vera situazione esplosiva, in un paese esteso, composto da una moltitudine di etnie.

Da est ad ovest, la situazione non sembra di certo confortante.

pbacco

Politica in amministrazione fallimentare

Nel 1270 a Viterbo, durante un momento di crisi, per l’elezione del nuovo papa, il Podestà Alberto di Montebuono e il Capitano del Popolo Raniero Gatti, decisero, sentito i malumori del popolo: la chiusura delle porte cittadine, la riduzione del vitto e la parziale scoperchiatura del tetto dell’aula dove erano rinchiusi i cardinali; questo per mettere pressione nei porporati che, dopo due anni di stasi per via di problemi interni, non riuscivano a trovare una soluzione per l’elezione del nuovo pontefice.

Questo piccolo escursus storico, avviene come introduzione per l’argomento di oggi. Come una continuazione storica, possiamo associare l’evento appena citato, a quello che è avvenuto recentemente alla politica italiana.

In un periodo di crisi, strutturale, economica e sociale, la politica italiana era ingessata. Da una parte c’era un governo ormai statico, incapace di fare scelte, diviso al suo interno e mal visto (come credito personale) anche all’estero; dall’altra trovavamo un’opposizione divisa, anch’essa incapace di predere le giuste decisioni. Con forti pressioni esterne, ma anche interne al paese, è avvenuta una messa in mora della politica (almeno quella partitica). Ormai incapace di rigenerarsi, dilaniata in lotte di potere (anche intestine), avviluppata nella sua stessa “casta”, era ormai diventata strumento di crisi stessa. La souzione, è stata quella di riunire i principali partiti parlamentari, sotto un governo tecnico terzo, per cercare di ricomporre una sorta di unità, che potesse affrontare i problemi, altrimenti insormontabili se divisi.

Insomma, per ora il fallimento della politica, che ha avuto bisogno di una (forte) pressione esterna, proprio come i cardinali, per cercare una soluzione, che altrimenti autonomamente non sarebbe riuscita a trovare.

pbacco