A soli due giorni dall’inizio di “Odissey Dawn”, l’operazione internazionale volta a creare una zona protettiva per i cittadini libici, si hanno già delle piccole crepe. Sul versante interno dei volenterosi; troviamo una Francia molto esposta, militarmente e politicamente, che rivendica un primato nelle operazioni; è stata la prima potenza ad iniziare gli attacchi, prima ancora che ci fossero le operazioni di offensiva contro le postazioni di difesa libici. C’è una Gran Bretagna che, come detto da un suo alto funzionario, vede la missione con lo scopo di deporre il colonnello Gheddafi. Gli USA, entrati in malavoglia militarmente, sono ora a capo delle operazione e, come già annunciato, passeranno il comando delle prossime fasi dell’operazione ad altre nazioni. Anche l’Italia è entrata in questa alleanza contro voglia, sia per problemi interni tuttora persistenti, problemi in seno al governo ed anche nell’opinione pubblica, sia per problemi esterni, in quanto è il paese che ha più da perdere dalla fine del regime odierno sia in campo economico (commesse e petrolio) che sociale (immigrazione). Queste divergenze interne, si tovano ad essere sommate a fattori esterni che ne minano la credibilità; si hanno dei distinguo di Russia, Cina, India, Venezuela (Caracas è molto vicina politicamente a Tripoli), dell’Unione Africana e della lega araba. Sono divergenze che non criticano l’operazione in se, visto che i primi due paesi si sono astenuti in consiglio di sicurezza, mentre l’ organizzazione araba si era pronunciata con favore; quello che viene messo in discussione è il come vengono compiute le operazioni. Non starò qui a discutere sulle ragioni di questo divario, anche se alcune obiezioni sono giuste, quello che si deve capire è che senza un consenso generale ci troveremo a compiere i soliti sbagli già commessi in passato, accusati di neocolonialismo, si creerebbe un contro movimento anti-occidentale in un momento già teso tra occidente ed islam. Insomma, oltre l’opzione militare, seppur giusta, bisogna anche pensare ad un’azione politica (come dice del resto la risoluzione ONU), anche in ottica di un possibile cambiamento di regime.
pbacco