La fine del mondo, ma per altri motivi

Ovviamente il precedente post era puramente goliardico, per sfatare questo falso mito e prendere in giro le due trasmissioni citate. Ecco qiundi, a fatto superato, un’analisi più accurata.

Alle 00:00 di venerdì 21 dicembre, secondo il calendario Maya, si è concluso un’era di 5200 anni e se ne è iniziata un’altra, un’era di pace, riconciliazione, opportunità, parole che si riscontrano con frequenza nei discorsi delle guide spirituali native ascoltati nell’arco dell’anno. “Termina il 13 Baktun, l’era del materialismo…Porterà molte conoscenze, materiali e spirituali, cambiamenti di vita; la nuova generazione sarà di spiritualità. Non è la fine del mondo: all’allineamento perfetto dei pianeti seguiranno giorni di oscurità che colpiranno la galassia. E’ un cambiamento, per tutti gli esseri umani, per la società, la politica, l’economia, la religione. Verranno 25.000 anni di pace” ha detto, tra gli altri, il sacerdote indigeno guatemalteco Manuel Sesam.

L’idea che le culture preispaniche avevano del tempo, inteso come processo ciclico di fronte alla concezione lineare che impera oggi, è ritenuta da più di un esperto la chiave per comprendere la “Profezia dei Maya” e capire il perché sia stata male interpretata. “Nel tempo occidentale partiamo da una data, ad esempio la nascita di Cristo, e in modo del tutto lineare proseguiamo verso il futuro. Nel mondo indigeno preispanico mesoamericano si contavano invece dei cicli al termine del quali si cancellava tutto e si cominciava a contare di nuovo” ha detto Patrick Johansson, docente all’Istituto di indagini storiche dell’Università nazionale autonoma del Messico (Unam).

Senza contare che il calendario citato, è uno dei tanti calendari che i Maya usavano per determinare il tempo religioso.

La Profezia Maya, che situa fra il 21 e il 23 dicembre 2012 la fine del mondo è derivata dalla lettura sbagliata di un geroglifico rinvenuto sul Monumento de Tortuguero, nello Stato di Tabasco, nel sud-est del Messico. A detta di Johansson, nell’iscrizione si legge che il 13 Baktun finirà nei giorni indicati, “ma nessuno dei popoli mesoamericani vaticinò la fine del mondo”. “Condividevano questa paura – ha spiegato Johansson – una sensazione universale, ed ebbero la capacità di incanalarla con la creazione dei ‘nemontemi’ o ‘giorni vuoti’: ogni anno, cinque giorni di caos prima di tornare al normale computo dei giorni permetteva di drenare tutta l’angoscia che gli uomini provano da tempo immemore”.

Insomma qualche speculatore, ha pensato bene di cavalcare la lunga onda di paura, e curiosità, per vendere qualche libro e produrre ore e ore di trasmissioni sul nulla.

Importante invece, è capire il perché di questo bisogno umano, che non appartiene solo alla nostra epoca, pensate la grande paura dell’anno mille; certo con la diffusione dell’informazione di massa questi messaggi hanno potuto meglio propagarsi, così troviamo la profezia dell’anno duemila e quella sui Maya.

L’uomo, cerca di conoscere tutto quello che lo circonda, sperando di poter domare tutto il conosciuto, ma si trova davanti ad alcune domande a cui non riesce a rispondere.

Altresì l’uomo, continuando a guardare a fantomatiche profezie, non riesce a capire che la vera fine del mondo la sta creando lui stesso ogni giorno.  Consumando territorio, flora e fauna e producendo gas al di sopra delle possibilità di rigenerazione che il globo ha; producendo carestie e costruendo arrmi di distruzione di massa.

Vignetta fine del mondo Maya

pbacco

Per la parte concernente la spiegazione scientifica mi sono rifatto a misna.org

In certi casi il tempo cambia

Sono cominciate le operazioni di patugliamento delle forze aeree, della così detta coalizione dei volenterosi, sui cieli libici.

Non sappiamo come si evolverà la situazione, c’è da notare alcune differenze con l’altro conflitto recente, quello iracheno:

  • Questa volta non sono stati gli Stati Uniti a promuovere l’azione, anzi sono stati piuttosto restii all’intervento militare.
  • Lo sgretolamento dell’asse franco-tedesco, un tempo uniti contro l’intervento nel paese arabo, ora vede invece la Francia principale operatore e promotore, mentre la Germania in sostanziale neutralità.
  • Un mandato, e quindi leggitimazione, anteriore avuto dall’ONU, non più a posteriore come nel 2004.
  • Un coinvolgimento regionale, la lega araba ha presenziato alla riunione di Parigi, così come altri paesi arabi si sono detti disponibili ad un intervento in prima linea.

Emerge con sempre più limpidezza la grossa mancanza di una politica estera unica europea, che ha sì un nuovo rappresentante unico, azzoppato però dal potere delle varie cancellerie. Questa rappresentante si trova ad essere un trasportatore asettico delle idee elaborate dai vari membri, senza avere una vera possibilità di movimento autonomo. Sia chiaro, questo non dipende dalla persona in se, ma dal potere politico di ogni membro dell’unione, che non delega ancora alcuni poteri all’Unione Europea. Altra mancanza è quella di un unico esercito europeo, senza di cui l’Europa è azzoppata di forza propulsiva, dovendo chiedere di volta in volta la disponibilità ad ogni singolo paese e non direttamente al parlamento europeo.

Altra unione, in questo caso non pervenuta, è quella africana. Attiva, anche se superata dalla varie comunità economiche africane, nella crisi ivoriana, sembra latitante sul problema libico già dalle prime battute.

Come chiusura, visto che oggi è S. Giuseppe, un augurio a tutti i padri.

pbacco

Una farfalla batte le ali a Tokyo e piove a New York

Una farfalla batte le ali a Tokyo e piove a New York, è con questa massima della teoria del caos, trattata anche in un famoso film, che riassume al meglio il nostro periodo; anche in periodi storici più lontani questo accadeva, pensate alla guerra dei sette anni in età moderna o alla rivoluzione americana, solo per citare due eventi, la differenza è che ora il mondo si è velocizzato ulteriormente. Non starò qui a dire che è colpa della globalizzazione, perché una sorta di mercato unico mondiale non si è formato di certo in questo secolo, ma ben prima; la cosa che è cambiata è la velocità di trasferimento sia dei beni (attraverso aerei e container) e delle informazioni e capitali (penso ad internet). Non si può prevedere in anticipo l’andamento del sistema, vista la grande mole di variabili che concorrono; intanto per tornare al presente, il prezzo della benzina è al massimo dal 2008.

pbacco

Quando il tempo rende forti

Su di una cosa aveva ragione Laurent Gbagbo, quando affermava che più si sarebbe prolungata la sua permanenza al potere, più avrabbe avuto possibilità di vincere. Come aveva presagito, col passare del tempo l’attenzione, sia dei media (che al massimo rimangono su di una notizia due settimane), sia da parte delle potenze estere, sarebbe scemata avvantaggiando lo stesso ex-presidente. Le cancellerie estere, disse, si troveranno a confrontarsi con nuovi problemi internazionali, portando in secondo piano la lotta in Costa d’Avorio; mai previsione fu più azzeccata. Resistere, fino a far passare la tempesta, così che poi nessuno si ricordi degli avvenimenti. Intanto l’ONU si trova a dover fronteggiare l’ennesimo conflitto, senza avere delle risorse appropriate, perchè spuntate dai veti, frutto degli interessi che le altre nazioni hanno nel gioco mondiale.

pbacco

Il tempo è circolare

Sembra strano, ma la storia alcune volte cambia le teorie della fisica.
Ragionando sugli ultimi avvenimenti ho provato ad effettuare un esercizio, che in storia non si dovrebbe mai fare, paragonare due avvenimenti avvenuti in periodi molto diversi; il risultato è molto interessante: la nostra concezione di tempo lineare è sbagliata, in realtà il tempo è circolare (un po’ come pensavano gli Aztechi), non lineare come pensiamo.
Sembra proprio che ad un certo punto di progressione temporale, il tempo ritorni al passato; è quello che sembra essere avvenuto in questo periodo, un salto temporale di cinquant’anni. Ho cercato, per quello che conosco, di paragonare gli eventi odierni nel mondo islamico con quelli avvenuti nel sud-est asiatico durante gli anni più duri di guerra fredda.
Oltre alle varie somiglianze, prima cosa sono uomini che si danno fuoco in segno di libertà, un tempo erano i bonzi buddisti che protestavano contro i regimi filo occidentali, ora è la gente comune che attua questo estremo gesto (è proprio da un fatto del genere che sono nate le proteste in Tunisia).
Escludendo dal ragionamento la cause delle rivolte, già più volte ricordate in altri più autorevoli blog, vorrei parlare in dettaglio dell’atteggiamento delle potenze occidentali riguardo il ruolo internazionale e il fine ultimo. Oggi come allora lo scopo ultimo è il mantenimento di una supremazia politico economica, non dissimile mezzo secolo fa il grande male era il comunismo, ora caduto il regime sovietico il male è il fondamentalismo islamico; sono cambiati i nemici ma, la pessima, gestione è la stessa. Pur di mantenere lo status quo, la politica internazionale cerca, ora come allora, di mantenere artificialmente, calpestando i valori di cui ci riteniamo portatori (democrazia e libertà), regimi che si definiscono difensori rispetto un nemico comune; poco importa se questi “alleati” non rispettano alcuni standard, la parola fondamentale è mantenere fermo tutto, rispetto ai nemici del momento.

Quello appena descritto è il pensiero dominante degli anni 60/70, che non sembra tanto difforme da quello attuale, cioè la teoria del domino; insomma per contingenze, alcune volte reali, si preferisce cristallizzare delle intere società. Il problema è che sotto la cenere ribollono intere coscienze, che non possono essere bloccate, non si possono fermare delle società millenarie da un giorno all’altro, prima o poi quel tappo posizionato nel collo della bottiglia, che sia democrazia, autodeterminazione, libertà, miglioramento personale risaltano fuori con una forza devastante; così una miscela di risentimento, anche autodistruttivo, il più delle volte violento devasta tutto quello creato fino a quel momento. Il risultato è  che la popolazione si rivolge agli unici oppositori degli occidentali (prima i comunisti ora i fondamentalisti), che così si ritrovano con un aiuto popolare che forse non avrebbero mai avuto. Insomma quello che sembra ora la cosa giusta, si può rivelare una scelta sbagliata per il lungo periodo, avendo per giunta un risultato opposto.

pbacco