Un pacato dittatore o un feroce amico

Con la morte di Gheddafi, si chiude un’epoca; purtroppo però, non si capisce quale nuovo periodo si va a delineare.
Capo rivoluzionario, rais della Jamāhīriyya, socialista, feroce repressore, finanziatore e covatore di terroristi, fautore di panafricanismo, paladino del panarabismo, anticolonialista, astuto politico, criminale, coraggioso colonnello, fiero berbero, uomo di finanza, abile doppiogiochista.
Insomma, in base alle esigenze interne e a contingenze geopolitiche, è stato cambiato l’aggettivo connotativo del regime. All’inizio, utile golpista anti re Idris, poi feroce terrorista, tornato amico, si è ritrasformato nel più sanguinario dittatore. Forse, più semplicemente, è stato veramente l’insieme di tutti gli aggettivi elencati precedentemente.

pbacco

AAA cercasi Gheddafi

L’ultima, in ordine di arrivo, è che Gheddafi si troverebbe al confine algerino aiutato da tribù Tuareg. Ultima perchè, in queste settimane si sono succedute moltissime notizie riguardo il luogo di fuga del rais.
Già durante le fasi più concitate del conflitto, si sono susseguite fantomatiche fughe del colonnello; fuggito in Zimbabwe, no rifugiato dall’amico venezuelano. Informazioni risultate errate. Con la presa della capitale, le voci si sono intensificate. Si diceva che fosse tricerato nel bunker di Tripoli, poi fuggito, si sono perse le tracce; fuggito verso Sirte, la città natale, dove ha l’appoggio delle tribù alleate; correzione è presso Bani Walid; no, hanno visto un corteo di auto che si dirigeva verso la Tunisia; scusate, la direzione del convoglio era il Niger (dove effettivamente un suo figlio si è rifugiato); anzi, forse è proseguito verso il Burkina Faso.
Sembra proprio che, l’unica cosa certa, è il caos che contraddistingue questa corsa al ricercato; vicenda che di certo non migliora la situazione libica, che si trova non ancora pienamente libera, con un CNT diviso sulle future scelte politiche.

pbacco

Un paese da ricostruire

La Libia del dopo Gheddafi, è uno stato da ricostruire. Uscita da una guerra civile, purtroppo non ancora finita, deve ora riallacciare i legami tra i due maggiori territori (Tripolitania e Cirenaica), deve riallacciare legami internazionali, deve ricostruire infrastrutture e poteri legali stabili.

Altro problema impellente, è la cattura del colonnello; questo avvenimento è importante perchè, fino a che non ci sarà la resa dell’ex presidente, ci saranno dei gruppi di potere che lo appoggiano, i quali continueranno una strenua lotta per la sopravvivenza, come è stato dimostrato dai fatti avvenuti in Iraq prima della cattura di Saddam.

Come si diceva, una delle problematiche che il nuovo governo (CNT) deve affrontare, è cercare di tenere unito il paese, non solo a parole, ma facendo fatti concreti. La soluzione non è facile, anche perchè la guerra è stata vinta dalla guerriglia, che in prevalenza aveva componenti dell’est; persone che vorranno adesso un riconoscimento nella nuova gestione politica ed economica nella nuova Libia.

Con l’aiuto della NATO, la Libia ha anche cambiato alcuni partner internazionali, alcuni stati che hanno contribuito allo sforzo per la causa rivoluzionaria, vorranno delle contropartite. Su tutte due nuovi stati, la Francia e la Gran Bretagna, che dopo aver mostrato un’attenzione particolare, passeranno a riscattare il dovuto.

Insomma il lavoro che apetta i nuovi governanti è duro e di non semplice soluzione; sullo sfondo si staglia sempre il problema fondamentalismo, anche se per ora non sembra così forte.

Ultime notizie, davano la scoperta di carteggi segreti, i quali mostrerebbero i legami tra Libia e CIA, sui casi di extraordinary rendition. Legami attuati durante la presidenza Bush, dove i presunti terroristi venivano espatriati in paesi accondiscendenti (tra cui il paese citato), per poter essere torturati, questo per eludere le leggi statunitensi, che vietano la tortura come metodo di interrogatorio, ritenedolo un crimine. Insomma, un esempio, di quando Gheddafi ci faceva comodo.

pbacco

Ultimo avvertimento?

Torniamo a parlare della situazione in Libia. Con una situazione di stallo sul campo di guerra, dove i ribelli sono incapaci di mantenere il controllo del territorio, senza l’aiuto dell’occidente; troviamo un regime ancora integro nella Tripolitania (escluso Misurata).

Ormai si è capito che, la missione Unified Protector, ha come scopo principale quello di deporre Gheddafi, anche se i comunicati della NATO parlano di sola protezione dei civili, ed escludono questa eventualità.

Ormai anche la Turchia ha abbandonato il leader africano, parlando apertamente di un necessario abbandono del potere da parte del colonnello.

In quest’ottica forse, si è inserita una sorta di avvertimento, cioè la morte del figlio Saif a-Arab, una sorta di ultimo avviso riguardo l’aspettativa del capo in caso di prolungata insistenza nel mantenere il potere. Non si esclude neanche però che la morte sia stata inventata dal regime per compattare la popolazione.

pbacco

La limitatezza dell’altezza

Scusate il gioco di parole del titolo, non me ne vogliano le persone basse di statura, anche perchè oggi vorrei ritornare a parlare della missione internazionale in Libia.

Si parla da qualche giorno della possibilità di armare i rivoltosi, così da fornigli dei mezzi più adeguati per la guerra. Premettendo che la missione era nata con lo scopo di interporsi tra i governativi e i rivoltosi, senza però modificare le forze in campo, nè per cambiare il regime, ora sembra che le cose stiano cambiando. Secondo il mio modesto parere alcuni armamenti sono già stati inviati, trammite Egitto e UAE; anche assistenza di intelligence è stata fornita sia dagli statunitensi, sia da inglesi. Inoltre come già detto, penso proprio che ormai il fine dell’operazione sia proprio quello di un cambiamento.

Altra limitatezza della missione, è il fatto di essere prevalentemente una forza aerea (ora anche marina) ma non terrestre; questo è dovuto giustamente al fatto di non creare un possibile problema diplomatico, soprattutto nella popolazione musulmana, di visione neo colonialista o anti islamica. Questo problema però ne porta un’altro; come già dimostrato in varie occasioni nella storia, la guerre non si vincono esclusivamente attraverso la forza aerea, serve il controllo del territorio dal basso. Questa teoria è sempre più valida se ci sitrova in teatri bellici moderni, dove l’esercito avversario è diventato quasi invisibile, perchè il più delle volte non è più un esercito regolare, ma una milizia popolare; basta vedere in Afganistan, dove è difficile distinguere i terroristi dalla popolazione normale.

Anche se dovessimo bombardare tutto il territorio, il risultato sarebbe comunque inutile, soprattutto se ci troviamo in un paese non industriale. Basta vedere l’esempio vietnamita, dove una quantità enorme di bombe (più di tutta la II GM) non ha scalfitto la lotta vietcong, anzi forse è stato uno dei fattori motivazionali.

Rimago comunque fermo sulla giustezza sia giuridica, sia morale dell’intervento; senza per questo negare alcune discrepanze.

pbacco

E bomba o non bomba noi arriveremo a… Tripoli

La riunione sul futuro in Libia, tenutosi a Londra, ha raggrupato i partecipanti della missione internazionale più i paesi arabi, UE, ONU; si è paralato del futuro assetto libico, di una possibile uscita di scena del colonnello, senza però trovare unanimità di intenti.

Intanto sul campo di battaglia continua il pendolo di conquiste e riconquiste, tra un esercito regolare libico in superiorità di armamenti e una milizia rivoltosa, mal coordinata, mal attrezzata e troppo spavalda. I combattenti avanzano cercando di riconquistare più terreno possibile, forse con l’intento di prendere più territorio in vista di una soluzione diplomatica; tuttavia si trovano sempre a dover ritirarsi ogni qual volta vengano contrattaccate dai regolari.

Sul piano internazionale, come già detto, troviamo il regime isolato, senza quasi nessuna carta da giocare, può contare un timido supporto da qualche paese africano e del Venezuela, ma lo spazio per operare è limitato; sul piano interno cerca di consolidare le sue posizioni, tentando di resistere almeno in Tripolitania. Tenere il potere nella sua zona di influenza per poter trattare, ma ne dubito, una via d’uscita consona.

Alla fine bomba o non bomba “arriveremo” a Tripoli (per parafrasare una canzone di Venditti), ma come finirà questa situazione rimane ancora un’incognita.

Interessante articolo apparso su Presseurop.eu “L’ultima carica dell’occidente” scritto da Gideon Rachman; dove apriamo lo sguardo, dal teatro libico agli scenari globali. Analisi del perchè si è intervenuti nel paese arabo, sia per fattori interni, sia dei fattori esterni. Ed è su questi fattori esterni che vorrei soffermarmi; come più volte detto, troviamo nel teatro libico una fotografia del sistema internazionale odierno.

Un’Europa unita solo economicamente, con i suoi membri più potenti, che cercano glorie presenti per ritrovare uno spirito di grandezza ormai perduto, vedi Gran Bretagna e Francia; Italia e Germania sono considerazioni a parte, nate come stati solo nell’800, sono riuscite a diventare delle potenze economiche, ma mai potenze in politica estera. Interessante la notizia che il Brasile si dice pronto a comprare debito della sua ex madre patria, il Portogallo, fatte le dovute proporzioni, rappresenta però la nuova era in cui ci troviamo.

Abbiamo gli Stati Uniti, che per ora rimane l’unica super potenza globale, è alle prese con la più grande crisi economica, senza contare che quella in Libia è il quarto conflitto che si trova a dover affrontare contro un paese arabo dal 2001; è forse dovuto anche a questo la iniziale titubanza verso una missione militare.

La Russia, che cerca di ritrovare la sua posizione internazionale, ma che non vuole e non può esporsi troppo in un teatro di guerra.

Troviamo poi il grande gruppo del BRIC, i paesi ormai ex in via di sviluppo, le nuove potenze mondiali (alcune candidate a diventare super potenze), che guardano più a fattori interni come la crescita economica, e meno all’estero, a meno che non riguardi specificamente aspeti che possono interessare l’economia interna. Sono paesi ancora recalcitranti a prendere il posto delle ex potenze europee; senza contare per esempio che la Cina non è assolutamente interessata ad esprtare valori come democrazia e libertà.

pbacco

Pecunia non olet

Interessante articolo apparso su The Wall Street Journal, spiega come la tecnologia impiegata dai governi arabi per censurare internet, provenga da ditte occidentali. Non unico esempio, giusto per dimostrare che neanche noi siamo immuni, riecco l’articolo tratto da Corriere.it , un bel esempio di tecnologia militare italiana, venduta ai libici.

Altro esempio importante, che ha creato anche qualche problema diplomatico, è stato il famoso affare Google in Cina; con il motore di ricerca che pur avendo i server ad Hong Kong, dove vige una legislazione diversa dal continente, pur di non perdere il grosso business cinese, si piegava al volere del governo di Pechino.

Sono solo alcuni esempi, ma purtroppo non unici, di come il famoso detto latino: “il denaro non puzza”, sia ancora ben radicato nella cultura affaristica mondiale.

http://online.wsj.com/

http://www.corriere.it/

Alla fine su alcuni aspetti l’uomo, sia ben inteso in senso generale, non è mai cambiato dal tempo dei romani; azzarderei nel dire dalla sua nascita.

pbacco

 

È NATO una nuova missione

Gli avvenimenti in Libia cambiano con una velocità elevata. Dopo aver perso tutto il vantagio accumulato, gli insorti si erano trovati ad essere confinati nella sola Bengasi; solo l’intervento della coalizione internazionale ha scongiurato una fine disastrosa della rivolta, soffocata dai bombardamenti, ma ancora peggio dalla vendetta del colonnello. Da allora, anche con qualche aiuto materiale, i ribelli hanno (e stanno) riconquistato territorio; fonti riportano la riconquista di quasi tutti i terminal petroliferi dell’est, tra l’altro gli stessi insorti affermano di poter incominciare l’esportazione del greggio entro una settimana. Non è possibile stimare se l’avanzamento dei rivoltosi si possa spingere fino a Tripoli, visto il forte dispiegamento di lealisti a difesa della capitale, considerando anche un minimo di supporto della popolazione nella tripolitania, da sempre più fedele al leader.

Intanto avvicendamenti in corso anche alla testa della missione internazionale; il comando è passato, con qualche malumore francese, alla NATO. Precedente quest’ultima decisone c’era stata la creazione di un’embargo navale, ora rientreata anch’essa sotto comando atlantico. Sul fronte politico è da notare l’attivismo della Russia, quasi da subito non concorde con lo svolgimento della missione, chide un cambiamento di scopo. Da rilevare l’importante ingresso in campo della Turchia, che prima consente il comando NATO delle operazioni e poi si offre come mediatore politico nella crisi.

In campo europeo si è vista la solida frattura, portando ogni paese a guardare solo le priprie questioni nazionali, con un’acuirsi delle posizioni tra Italia e Francia. Si nota sempre un’atteggiamento molto aggressivo da parte di Francia e Gran Bretagna, che chiedono, in maniera diretta, un cambiamento di regime.

Notizia di questa sera afferma, fonte Eliseo, di una videoconferenza tra Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Germania. La mancanza di incisione politica internazionale italiana è evidente, senza per questo gioire, anzi sconsolato della situazione. Amici libici per storia e vicinanza, siamo riusciti a creare un buon scambio economico, intriso anche da malaffari. Siamo stati inglobati in una missione non sentita (nè in campo sociale, nè economico), una volta entrati ora non veniamo neanche invitati dagli alleati alle riunioni, pure la Germania dall’inizio neutrale si trova in una posizione superiore.

pbacco

Nomen omen

Non sapendo cosa scrivere, oggi giocheremo un po’ con le parole.

Sperando che Odissey dawn, all’alba dell’odissea, non si trasformi realmente nel nome evocato. Odissea, sembra che derivi dal verbo odiare, se dovesse essere l’inizio dell’odio allora siamo finiti; anche se dovessimo interpretare il nome come una sintesi del grande poema omerico, l’alba del grande periodo di pericoli e peripezie, non è che sarebbe molto confortante.

Detto questo mi chiedo con quali criteri vengono scelti i nomi delle missioni, ma scegliere “Rainbow dawn” no!

pbacco

Due pesi e due misure

Premettendo che, non sono un’estimatore dell’uso della forza, mi trovo comunque ad appoggiare l’intervento internazionale in Libia; trovate una sintesi del perchè nel post “In certi casi il tempo cambia” del 19 marzo. Devo altresì ammettere, come scritto nell’altro post “Prime crepe” del 21 marzo, le varie critiche, a volte anche giuste, su come si svolgono le operazioni e sul fine delle stesse. Il post di oggi però verte, come da titolo, dall’uso di due pesi e due misure, che la comunità internazionale ha riguardo le crisi. Come detto, in Libia c’è stata una risoluzione atta a legittimare l’uso della forza (1973); va precisato che questa risoluzione precede un’altra (1970) volta a limitare economicamente il regime del colonnello, questo però non ha escluso una nuova escalation militare. Una simile volontà politica non si è trovata durante la crisi ivoriana (almeno da parte occidentale), dove ci si è fermati a sanzioni economiche; si dirà che li il governo non bombarda i civili, ma bisogna far notare che comunque il paese è vicino ad una guerra civile; si potrà dire che nel paese erano già presenti dei militari dell’ONU, sta di fatto che un’intervento militare non è stato preso in considerazione, ultima notizia dava un voto sfavorevole della comunità ECOWAS (stati Africa ovest) contro un’azione militare da parte dei propri membri contro la Costa d’Avorio. Come altro esempio citiamo il Sudan, prima nel sud con una guerra civile, poi in Darfur dove si è perpretrato (ma continua ancora) un genocidio, anche in questo caso nessun intervento militare è stato attuato. Tornando indietro nel tempo nel Ruanda del 1994 durante il genocidio tra Hutu e Tutsi, l’occidente ha proprio girato le spalle duranti gli eccidi. Anche oggi giorno sia in Bahrain, sia in Yemen ci sono governi che usano la forza per piegare la volontà delle persone; in questo caso solo alcune parole, a volte dette a bassa voce, di condanna. In ogni crisi internazionale troviamo stati interessati alla vicenda, con favorevoli a conservare la status quo da un lato e, dall’altro quelli che vogliono un cambiamento; questo avviene sia per fattori economici che politici. Per essere cinici è sempre accaduto così e così continuerà sempre. Un distinguo di comportamento dovremmo attuarlo noi occidentali, essendoci proclamati portatori (su alcune cose è vero) di valori alti quali libertà, democrazia, ecc. È per questo che ci si aspetterebbe un’atteggiamento diverso, che il più delle volte non avviene.

pbacco